mercoledì 25 novembre 2009

questo é il vero uovo di colombo

I Diritti Reali di Proprietà


la rivoluzione del mercato immobiliare

Il peso del debito pubblico inibisce ed ammorba l’azione di governo, e crea tensioni e senso di impotenza.

Sino a quando si continuerà a ricorrere alle stesse formule ormai spuntate, con rimedi applicabili solo in teoria, la soluzione è e resterà impossibile.

A mio avviso si dovrà ricorrere ad un approccio nuovo al problema, soltanto tecnico, e con laicità e senza pregiudizi si deve affrontarlo problema da una visione diversa, nuova e che comporti la soluzione di tutta la complessa materia.

Non ci si deve meravigliare se con questo nuovo approccio, ci siamo accorti che la soluzione che noi riteniamo di avere individuato e che speriamo si trovi il tempo di esaminarla, sia semplice ed a portata di mano, e che porterebbe al definitivo superamento di tutta la complicata materia.

Ora che anche da noi, dopo l’entrata dell’Italia nell’area dell’Euro, la svalutazione della moneta si arrestata a livelli europei si è verificata la possibilità di sovvertire il settore immobiliare, inserendo la compravendita dei diritti reali di proprietà di Nuda Proprietà e di Usufrutto a tempo determinato.

In poche righe, sintetizzo la mia proposta che ipotizza di trasferire, in conto capitale, ad una società di diritto privato posseduta totalmente dal Tesoro, la proprietà degli immobili dello Stato, che per la loro commerciabilità siano adatti allo scopo, mantenendo su di essi, per 20 anni il diritto di usufrutto, che varrà il 50% del valore di perizia dell’ immobile intero.

Le azioni di questa società, rappresentative della Nuda Proprietà di questi immobili, al momento della emissione delle Azioni rappresentano il 50% del valore della Piena Proprietà, e torneranno gradualmente a rappresentarne, alla scadenza dell’Usufrutto, il 100% del valore di perizia dell’ immobile intero, raddoppiando il valore delle azioni.

Questa riunione dei due diritti, in unico diritto di Piena Proprietà avverrà al ventesimo anno, con i valori immobiliari aumentati costantemente, anno per anno, per l’inflazione tecnica, considerata al 2,79% all’anno, per totale 55,837%, oltre ad un altro 155,87% dovuto alla confluenza dell’Usufrutto, anche questo arricchito dello stesso incremento di valore .

L’incremento globale di valore di questa azioni, matematicamente determinato, senza alee o incertezze, nei venti anni sarà del 211,674%, pari al 10,58% l’anno, salvo il verificarsi di maggiori fiammate a cui il mercato immobiliare ci ha abituati negli ultimi 60 anni, sia per l’accentuarsi dell’inflazione che per la maggiore valutazione attribuita agli immobili.

E’ evidente che nessuno manterrebbe più in cassa gli attuali titoli del debito della Stato, scambiando quelli posseduti con queste azioni, e nessuno ne comprerebbe altri perché, nella migliore della ipotesi potrebbero rendere un terzo, e non sarebbero così sicuri.

In effetti la media dei rendimenti a novembre 2008 è: per i BOT del 3%, per i BTP del 4% e per CCT del 3,4%.

Ad esempio, se questa operazione si concludesse ora, che il debito pubblico è di 1.650.622.000.000 Euro, e se si reperissero immobili che ne valgano almeno il doppio, selezionati tra i 50.000 immobili posseduti dallo Stato in Italia, oltre quelli posseduti all’estero, tutti i titoli del Debito Pubblico potrebbero essere sostituiti dalle azioni di questa Società per Azioni, azzerando di fatto il Debito stesso.

Lo Stato Australiano, non possiede direttamente immobili, di nessun genere. Sono tutti di proprietà di una società di diritto privato a capitale pubblico, e funziona benissimo.

Le azioni della società del Tesoro, proprietaria del diritto di Nuda Proprietà degli immobili, potrebbero essere quotate in Borsa, e potrebbero essere utilizzate per costituire una garanzia anche per Banche, bandi di gare e costituzione di Capitale Sociale, e sarebbe un vero mezzo per capitalizzare e garantire pensioni ed assicurazioni sulla vita.

Le vendite di queste azioni si concluderebbe al prezzo del momento, che sarà sempre più aumentato per l’approssimarsi della scadenza dell’Usufrutto e per la rivalutazione tecnica degli immobili.

Il Tesoro si troverebbe subito alleggerito del pagamento del 3% all’ anno per gli interessi, mediamente dovuti sul Debito Pubblico, e non dovendo più pagare cinquanta miliardi l’ anno per interessi, in 20 anni risparmierebbe almeno mille miliardi di euro, che potrebbe destinare allo sviluppo della Economia ed al rinnovo delle Infrastrutture.

Il bilancio pubblico Italiano non dovrebbe più mostrare l’ enorme debito che attualmente lo affligge, e diverrebbe il più sano della UE. La disponibilità di mezzi finanziari che sarebbero messi a disposizione, potrebbero realmente farci divenire una piccola locomotiva economica.

Il Ministro dello Sviluppo Economico, se si fosse adottato questo semplice mezzo di correzione del mercato immobiliare, avrebbe la possibilità di rinnovare, anno per anno, le infrastruttura del Paese, imprimendo quella ventata di modernità e di efficienza che le magre finanze attuali impediscono di attuare.

Un programma di opere pubbliche, ben finanziato dalle risorse liberate dal fardello del Debito, sarebbe uno dei sistemi raccomandato dagli economisti più avveduti, per uscire dalla crisi.

Anche di queste nuove realizzazioni, lo Stato dovrebbe trattenere l’Usufrutto ventennale, e trasferire a valori di mercato la Nuda Proprietà alla sua S.p.A. ,per rientrare in questo modo della maggior parte della spesa fatta per la costruzione, e per alimentare il mercato delle Azioni della Società dello Stato.

In pratica il rinnovo delle infrastrutture del Paese, si potrebbe completare ogni venti anni, e non costerebbe niente allo Stato.

La liquidità del bilancio, con un avanzo primario sicuramente consistente, potrebbe offrire anche le risorse occorrenti ad una più accorta politica di protezione sociale, con sussidi alla disoccupazione consistenti, che permetterebbero una più fluidificata mobilità del lavoro, con tutte le conseguenze positive che ne deriverebbero a tutto il sistema Paese.

Si supererebbe di fatto, la strenua ed ideologica difesa dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, capziosamente e puntigliosamente condotta anche dalla Magistratura, che è costretta a sostenere tesi avvolte paradossali.

Nessuno avrebbe più interesse a restare forzatamente ancorato ad un posto di lavoro, se con buone protezioni sociali, facilmente può trovarne un altro, magari a migliori condizioni.

Con la diminuita tensione sulla conservazione dei posti di lavoro, la norma sulla giusta causa in materia di licenziamenti, tornerebbe a regolare i casi dove realmente é stato infranto il principio.

Gli effetti benefici di questo provvedimento, qualora fosse adottato, potrebbero riempire altre numerose pagine.